domenica 17 maggio 2020

Mostra Virtuale del Gruppo Artistico Rosetum

   Milano, 17 maggio 2020

……….. stiamo vivendo la fase 2 del Coronavirus e da domani riapriranno quasi tutti i negozi e le attività
commerciali.             Un atto dovuto verso chi da fine febbraio ha perso ogni possibilità di produrre reddito e garantirsi la sopravvivenza economica. Il commento di qualcuno è stato:  “Che Dio ce la mandi buona! “  Scherzi a parte, credo che per i prossimi giorni ci aspettino tante e tante difficoltà.                                                                           Oltre naturalmente a tutti gli accorgimenti che dovranno essere adottati dai negozianti per ricevere il pubblico, noi “pubblico” siamo pronti a ricominciare una vita normale ??      Non lo so.

Il bere un buon caffè al bar , mangiare una pizza, scoprire un nuovo piatto al ristorante sono per me un piacere del tutto fine a se stesso, e in particolare il mangiare fuori ha sempre rappresentato un’occasione per fare compagnia, ritrovare gli amici, conversare e ridere con loro.

Non sono pronta, ho ancora paura.  Come faccio a sentirmi bene fuori se devo stare attenta a come mi muovo, se scruto in cagnesco chi mi viene incontro troppo vicino, se penso solo alla mascherina che mi da prurito al naso e alle mani con cui non mi devo assolutamente toccare. 
 Certo, la riapertura dei parrucchieri e delle estetiste è attesa come la manna dal cielo, siamo tutti terribilmente malmessi …..mah….. per lavare i capelli …. l’elastico della mascherina non ci può stare, forse andrà tenuta con la mano….  e lo stanzino della pedicure … riusciremo a respirare….mah.  Penso a tutte le cose che mi sono sempre piaciute.Un bel film al cinema, certo possiamo sederci tutti belli distanziati, ma dovremo pur muoverci tra le file per entrare e uscire, per andare in bagno … mah.   Il Teatro sarà uguale.   Forse si salveranno i Musei. I loro saloni ampi ci permetteranno di stare in disparte, passare, guardare e uscire ….  Ma le nostre associazioni, che in tutti questi anni ci hanno regalato sempre spunti vitali e interessanti ?  Penso alla nuova sede del Gruppo Sirio, … piccolina,…. in quanti possiamo entrare insieme….penso alla sala Laboratorio del
GAR, seminterrato, quanti possono entrare insieme per fare i corsi di pittura, non so.   Naturalmente per i dibattiti e le conferenze diventa una spazio del tutto inadeguato.  Quindi, stiamo perdendo tutti i nostri contatti, gli amici con cui ci piaceva condividere la nostra passione per l’Arte.   Pensando a tutto questo, vedo tanti problemi.  E’ un problema partecipare in sicurezza, è un problema programmare qualcosa di fattibile.   La rete ha conquistato tutto lo spazio e impazzisce di iniziative, Mostre Virtuali di quadri, corsi di pittura, dimostrazioni, brani musicali, lettura di poesie , ma siamo sicuri che tutti riescono ad usare il computer così facilmente. Non lo so.  Dopo il Gruppo Sirio anche il GAR ha pubblicato la sua Mostra Virtuale, era l’unico strumento fruibile di aggregazione in questo momento, oltre al desiderio di regalare ai partecipanti l’emozione di vedere esposti  i propri lavori, anche se solo in fotografia.

E’ stata molto  impegnativa tutta la preparazione, la raccolta delle immagini e di tutti i riferimenti delle opere, l’ideazione grafica, la ricerca della musica di sottofondo, la creazione dei video, ma alla fine il risultato è stato appagante.

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Possiamo solo osservare con attenzione cosa succederà nei prossimi giorni per tentare di organizzare ancora qualcosa con  i nostri amici artisti.

venerdì 24 aprile 2020

APRILE 2020


Per noi che siamo nati nel 1951  solamente il pensiero dell’anno 2000 ci proiettava nel mondo della Fantascienza, ora siamo ben oltre, nel 2020, e in piena pandemia Coronavirus.  

Pandemie, epidemie, solo i nomi bastano a farci accapponare la pelle. La mia generazione si ricorda a memoria  la Spagnola (1918) , l’Asiatica (1957) , l’ Aviaria del 1963,  la Sars del 2003, la più recente H1N1 (2009) . Della terribile peste nera del 1300, che pare abbia decimato un terzo della popolazione mondiale,  gli ultimi focolai in Europa si spensero solo nel 1953. La rapidità del contagio e l’estensione globale dell’infezione rendono pandemico il fenomeno e il numero delle vittime è sempre terrificante.  Eppure tutte le pandemie passate non mi hanno personalmente mai  coinvolto più di tanto, ricordo solo i titoloni dei giornali, le notizie in  Televisione  ma niente di più, non mi ricordo di aver mai contratto polmoniti ma solo e unicamente influenze stagionali, scandite da decotti sul petto e tanto latte e miele.

Aprile 2020, è tutto diverso.   Sono quasi due mesi che non esco di casa, e ormai il poter varcare la soglia sta diventando un’aspettativa remota, oltretutto per niente piacevole.  Quado siamo fuori di casa ci muoviamo tutti con circospezione, guardandoci intorno per evitare qualsiasi avvicinamento ad altre persone, applicando alla lettera la regola del distanziamento sociale, siamo bardati di tutto punto, mascherina al viso e guanti di lattice alle mani,  senza contare le bardature più stravaganti fatte di enormi foulard o visiere in plexiglass tipo Astronauta, e, non so voi, ma a me alla fine della vestizione viene sempre voglia di soffiarmi il naso o  grattarmi un occhio.  Abbiamo paura dei nostri vicini, abbiamo paura di poter essere noi stessi portatori sani del Virus.

La nostra vita odierna è scandita dell’espletamento dei nostri esclusivi bisogni primari, la SOPRAVVIVENZA,  garantita dall’approvvigionamento di viveri, medicinali e prodotti igienici per la pulizia di casa e personale.
Volevo comprarmi al Supermercato un paio di pantofole nuove, dato che le mie cominciano ad accusare una certa usura, e magari qualche filo per rammendare, ma ….non ho potuto,  non sono considerati beni di prima necessità.  Dobbiamo concentrarci principalmente sul Mangiare. E naturalmente, dopo due mesi di Mangiare, cominciamo ad essere stufi. 
La farina sta riapparendo sugli scaffali, segno che la gente si è stancata di sfornare ogni giorno tutti  i tipi possibili di pane fatto in casa e di torte della nonna, virtuosismi culinari che hanno riempito di foto Facebook , agli stessi livelli di periodici come Cucina Italiana, e che forse ci hanno fatto pagare bollette spropositate di luce elettrica.  Senza parlare dei chili in più che, tra colazioni salutistiche, pranzi Gourmet, merendine e cene, cominciano ad affiorare dalle nostre tute superconfort.
Non si vive di solo pane……… Come è vero  !!!   
Non voglio parlare adesso della mancanza dei rapporti affettivi, perché aprirei un capitolo dolorosissimo. Nonni che vivono magari da soli e che non ricevono da due mesi un bacio o un abbraccio dai propri figli e nipotini.  Figli che non possono andare a trovare i genitori, medici e infermieri che non stanno neanche più tornando a casa per non rischiare di infettare i familiari.  Tutto questo non può essere descritto dalle parole.  E ricordo ancora: niente Funerali, niente Messe, niente Matrimoni, nessun festeggiamento. 
Ci è concesso l’indispensabile per la sopravvivenza Fisica, e ci viene a mancare completamente ogni altra risorsa che vada a colmare i nostri bisogni  intellettuali. 
  Il progresso sicuramente ci offre moltissimo e non faremo di certo fatica a procurarci  un libro o della buona musica.  Ma …. Il piacere di vedere al cinema un bel film, seguire a Teatro il nostro attore preferito, andare in un Museo, visitare una Mostra di pittura, non sono decisamente concessi.Molti di noi solitamente occupano il tempo libero coltivando Hobbies del tutto personali, frequentano Associazioni artistiche e culturali, l’Università della terza età , enti di volontariato.  Tutto questo è praticamente fermo e forse saranno proprio le ultime cose a ritornare in vita, per la peculiarità di non essere considerate essenziali !!!
Abbiamo studiato tutti l’Arte nelle scuole, e tutti abbiamo imparato a conoscere i grandi capolavori attraverso le fotografie sui libri, qualcuno ha apprezzato da subito l’insegnamento e qualcuno si è annoiato mortalmente.  E poi, con passare degli anni,  ….. come è diverso trovarsi davanti ai resti di un Teatro Greco, sfiorare una colonna di marmo con la mano ed alzare la testa in su per scorgere il capitello,  com’è diverso vedere di quante e quante pennellate è dipinto un quadro di Renoir, e quanti colori diversi nel riflesso dell’acqua, che pur in fotografia non si vedono, e come è piccolina la Monna Lisa, ci aspettavamo un quadro grande almeno tanto quanto la sua fama, com’è diverso sentire il tremito della voce dell’attore che pronuncia frasi d’amore, e ogni serata a teatro la sua voce avrà sempre un tremito un po’ diverso, mai uguale al precedente, sarà un po’ diverso lo sguardo, sarà un po’ diverso il sorriso, momenti unici e irripetibili che a fine spettacolo ci portiamo via con noi, che ci hanno regalato la nostra emozione.  E’ diverso incontrarsi, sorriderci, darci la mano, portare i nostri lavori da mostrare e da commentare insieme, oggi possiamo solo telefonarci ma non è la stessa cosa.
Quindi ?? Quindi è questo un momento della nostra vita che ci obbliga ad una riflessione, un momento veramente grave dal quale prima o poi usciremo,   ma non indenni.  Potremmo perdere per strada il negozietto sotto casa, che in questi mesi non ha potuto pagare l’affitto, o la pizzeria che ci faceva la pizza buonissima ma che  è troppo piccolo per adeguarsi alle nuove normative , e anche la nostra Associazione artistica che è rimasta bloccata, ha dovuto interrompere i suoi corsi, le sue serate, le conferenze, le sue Mostre.  
Sede del Gruppo Artistico Sirio -Milano 
Dovremo dimostrarci generosi e offrire in tutti i modi il nostro aiuto.
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 PER VEDERE IL VIDEO 
                Ecco un’iniziativa per tenere vivo l’interesse per l’Arte e per colmare almeno momentaneamente questo vuoto.  Creare delle Mostre Virtuali.   Lo stanno facendo i Musei più importanti.  Noi vogliamo  garantire una continuità e consentire la visibilità di  opere artistiche prodotte nell’ambito di Gruppi che operano da sempre in Lombardia e che promuovono con tutte le loro forze e a titolo del tutto volontario la diffusione dell’Arte. 
Ecco un primo esempio, prodotto da Alfredo Maggi in collaborazione con gli artisti del  Gruppo Sirio, ma ne seguiranno tante altri.   

Buona Visione!!



    

martedì 20 agosto 2019

L'Associazione Gruppo Sirio


E' da diversi anni che sono venuta in contatto con l'Associazione Culturale Gruppo Sirio di Milano. alla quale mi sono poi molto volentieri iscritta. Mi ha subito incuriosita e interessata per il suo particolare radicamento nel territorio milanese, soprattutto nell'ambito del  Gallaratese, Quartiere dove Sirio ha molto contribuito a diffondere una variegata cultura artistica vivendo in modo attivo tutte le fasi di trasformazione e di sviluppo di questa area di Milano. Sirio è un Gruppo molto dinamico che, oltre ad organizzare Mostre di Pittura, si impegna poi in una serie di attività che  riguardano altre forme d'arte come la Scultura, la Poesia e la Fotografia. Il punto di forza di questo Gruppo che opera dal 1969 e che, appunto, ha festeggiato i suoi cinquant'anni di attività proprio in questo periodo è sicuramente la sua concezione di  cultura artistica, che non deve riguardare una èlite, ma che deve essere sempre e costantemente alla portata di tutti.
Partendo da questa idea, nel corso degli anni, i Soci di Sirio, in collaborazione con vari dipartimenti comunali,  hanno portato l'Arte nelle Scuole, negli Ospedali, nei Centri Ricreativi, hanno organizzato Conferenze, sono stati presenti con Mostre benefiche in occasione del terremoto del Friuli o a sostegno della lotta contro la Sla o a fianco di Organizzazioni come Emergency.
Tutto questo è valso a Sirio l'Ambrogino d'argento del Comune di Milano e, in seguito, anche una speciale benemerenza di cui riporto la motivazione che mi sembra veramente significativa.

Ma, quello che è più importante, è che il Sirio è un gruppo di gente simpatica e collaborativa, dove chi può dà una mano volentieri. Adesso  stanno preparando la grande novità di una nuova sede e ci stanno lavorando alacremente. Ci vorrà forse qualche mese. La vedremo per Natale? 

lunedì 19 agosto 2019

Il G.A.R. e i suoi corsi di Pittura a Milano

http:/www.arterosetum-gar.it/corsi

Ai veri appassionati di Arte e di Pittura, che amano visitare Musei ed Esposizioni di quadri, spesso si accende una scintilla  e fa capolino la voglia di provare, un’ attrazione fatale per quella dimensione  fantastica che sa colorare così bene il nostro quotidiano, che ci fa rivivere emozioni, atmosfere, ricordi.          In fondo che ci vuole, colori, pennelli, un blocco di carta o una tela, il costo non è poi così eccessivo, …  e su Internet c’è di tutto, spiegazioni, tutor, video dimostrativi, e i profili di tanti che come noi hanno incominciato da zero. Se per qualcuno, pochi,  potrà diventare una professione, per i più  resterà uno svago, un modo di staccare la spina e rilassarsi, una sfida per mettersi in gioco e provare a creare qualcosa. Io non sono stata da meno e tante e tante volte ho provato, ho sperimentato un po’ di tutto, matite, inchiostri, acquerello e per ultima la pittura ad olio, che è stata veramente una grande sfida!.
Quadro a olio di Raffaella Pinna
 C’è però che, se la voglia non si esaurisce, man mano che andiamo avanti diventiamo più esigenti, e quello che agli esordi ci piaceva così tanto ora non ci soddisfa più.  Questo è il punto di svolta, dove dobbiamo convincerci di affrontare la nostra pittura un po’ più seriamente.  Ed è questo il momento in cui cerchiamo un corso, un metodo, un esperto che sappia correggere i nostri errori e che guardi obbiettivamente il nostro lavoro, al di fuori dei nostri occhi….. “materni”.
Io ho la fortuna di avere un marito lungimirante che, dopo l’ennesima borsetta,  ha pensato di regalarmi per il mio compleanno l’iscrizione al GAR, il Gruppo Artistico Rosetum, estorcendomi la promessa che non avrei vanificato l’investimento e avrei frequentato un corso. Il Gar è proprio vicino a casa mia, in Via Pisanello 1, zona Gambara, presso il Centro Francescano Rosetum e da tantissimi anni svolge attività artistica, attraverso mostre, dibattiti, conferenze e soprattutto corsi di tutte le tecniche pittoriche dedicate ai soci.

Acquerello di Luigi Zucchero
Io mi ci sono buttata, era il primo anno di pensione e trovare il tempo non era più un problema. Quindi per primo un corso di Acquerello.  Credevo sarebbe stata una passeggiata visto che già conoscevo questa tecnica, ma lavorare accanto a un vero Maestro ti permette di trovare tutta un’impostazione diversa, ti svela regole e segreti che neanche immaginavi. E i tuoi dipinti diventano … più ragionati… più sicuri … ti accorgi che stai crescendo. Alla fine ho seguito tre anni di Acquerello e altrettanti di Pittura a olio, che continuo a seguire tutt’ora. Prima di aderire al GAR, ho fatto un’indagine sui corsi di pittura che si tengono a MIlano e mi sono resa conto che non sono in tanti a offrire una panoramica completa, e in differenti fasce di orario per venire incontro a tutte le esigenze.  Al GAR Il laboratorio è ben attrezzato,  con cavalletti e tavoli da lavoro,  e l’illuminazione è stata appena rinnovata ed è perfetta per dipingere.  E, particolare non da poco, riesci a fare amicizia e condividere i tuoi successi e le tue difficoltà. Il fatto di poter esporre in Galleria, fin da subito, anche quando sei ancora principiante,  ti stimola ad impegnarti. Tra le varie proposte culturali del Venerdì sera c’è sempre un’iniziativa che ti intriga. Alle Mostre adesso puoi andare con il GAR in modo da avere disponibile una spiegazione accurata e una prenotazione pronta. Cosa preferisco tra acquerello e pittura a olio ?? Sono due cose totalmente diverse che, fatte insieme, possono  anche complicarti la vita. A detta della mia insegnante, io spesso ho … una mano pesante per l’acquerello e una pennellata troppo delicata per l’olio, ma a me non dispiace, potrebbe diventare la mia caratteristica personale.





Raffaella Pinna al lavoro
La presentazione degli Allievi al corso di Olio

  









Per ulteriori informazioni vai al Sito GAR 

martedì 30 maggio 2017


Vivere la periferia di una grande città non è un’impresa facile.
Si è veramente in tanti, chi è nato e cresciuto da sempre qui, chi ci è arrivato, magari da un altro paese, chi si è sposato e ha messo su casa vicino al lavoro, chi è rimasto solo ed è stato contretto a trovare una soluzione più piccolina. Ma poi le vere esigenze sono sempre le stesse, servizi, strutture, per lo studio, per il lavoro,  per il divertimento, mezzi di trasporto rapidi e la possibilità di sentirsi circondati da un ambiente gradevole e sereno, fatto anche di spazi verdi e aperti.     Sono tutti compiti dello Stato,attraverso i suoi Consigli di zona, indubbiamente, ma le protagoniste che creano la vera differenza sono comunità spontanee, volontarie, costituite dai non più giovani che nel loro quartiere credono e desiderano mantenerlo sempre vitale. Ecco quindi mille iniziative, lo sport e la musica per i giovani, e ancora teatro, arte, pittura, poesia  per ogni età.  Mi sono avvicinata a Quarto Oggiaro, Villa Schleibler, l’Associazione Artistica Sirio, l’Associazione Quarto Oggiaro Vivibile, sono fatte da  persone splendide che investono la maggior parte del proprio tempo in questo progetto.

 
Ecco quindi una delle mie ultime creazioni
Il quadro con cui ho partecipato al Concorso di Pittura ” Una finestra sull’arte” organizzato dal Gruppo Artistico Sirio e concluso negli Spazi del Portello in Piazzale Accursio . Il dipinto è proprio in onore della “Street Art”
 
Due racconti ispirati alle periferie, uno mio e uno di Alfredo Maggi, con i quali abbiamo partecipato al concorso letterario  indetto dall’Associazione Quarto Oggiaro vivibile
 
A CASA DA MIA NONNA di Angela Aruta

Sono nata in un piccolo appartamento alla periferia di Milano. Parliamo del 1951.   Le abbiamo sempre chiamate case popolari ma in effetti sono state costruite subito dopo la guerra dalla Edison per i propri dipendenti. Dignitose,  non esattamente confortevoli. Allora sicuramente non si andava troppo per il sottile, un tetto sulla testa e un letto dove poter dormire era già casa, e quindi poteva sembrare del tutto normale non avere l’acqua calda per lavarsi.  Il retro del caseggiato si affacciava sui campi che in certi periodi dell’anno si riempivano di pecore al pascolo.  La prima regola che impari abitando lì è la completa e assoluta condivisione. Gli stabili sono disposti a rettangolo su un fazzoletto di giardino, il muro di recinzione corre tutt’intorno, le finestre una di fronte all’altra non ti concedono alcuna discrezione.  Il ragu’ domenicale della Tina al primo piano invade con il suo profumo tutte le stanze dei vicini; dalla cucina di Nicola un urlo ti fa sobbalzare, otto ragazzoni stretti stretti davanti alla radio festeggiano così il gol decisivo del Derby; musica a tutto volume dal piano rialzato, sempre la stessa; tutti sappiamo tutto di tutti, nomi, cognomi, lavoro, amori, ogni fatto viene rigorosamente condiviso.  A volte un sussulto nella notte, ma niente paura, è la Maria che è andata a riprendersi il marito all’osteria, è un brav’uomo ma gli basta un bicchiere di vino per sentirsi le gambe molli e poi, agli amici che gli offrono un goccino, non sa mai dire di no.  Da piccolina vivevo tutto questo con eccitazione, mi divertivo, e ogni nuovo evento era uno stimolo che mi rendeva curiosa.  E ancora da piccolina potevo godere di un privilegio veramente formidabile, la libertà di scendere in cortile da sola per giocare con gli altri bambini. Ogni pomeriggio, allo scoccare delle quattro, con la mia fetta di pane burro e zucchero tra le mani, correvo giu’ per le scale ad assaporare la mia avventura. E quanto mi sentivo importante.  Certamente non mi sono mai accorta che mia nonna dal finestrino del tinello e la custode dalla sua guardiola non mi perdevano mai di vista, io ero comunque libera di correre in lungo e in largo per il giardinetto. Il salto della corda, le corse a nascondino, bandiera, e quando proprio mi mancava il fiato  mi sedevo sul muretto con le gambe a penzoloni, le scarpe bianche di polvere e le calzine grigie,   tenendo la mano alla mia amichetta del cuore. Se facevamo troppo rumore la portiera ci correva dietro con la scopa di saggina alzata, ma questo rendeva tutto ancora più divertente e ci faceva urlare ancora di più. E alle sette tutti a casa, mi aspettava la tinozza fumante per darmi una pulita.   Era mia nonna che si occupava di me perché mia mamma lavorava e doveva spesso anche partire.  Un po’ confusionaria e brontolona, mia nonna mi voleva un gran bene. Tra mia nonna e mio nonno invece la storia era molto diversa, guerra ad oltranza, litigi, discussioni senza fine e quando proprio mio nonno non c’e la faceva più a controbattere puntava le mani sul tavolo e guardando la nonna fissa negli occhi sentenziava: “se te mazzavi trent’ann fa, adess seri giamò foeùra!” (se ti ammazzavo trent’anni fa oggi ero già fuori!)  A mio nonno era affidato il compito di portarmi al catechismo ma l’incarico non durò molto. Da bravo comunista aveva deciso che il catechismo non fosse cosa per sua nipote e quindi, in quei pomeriggi, mi portava al cinema, Totò e Fernandel erano i nostri preferiti. Purtroppo , quando il Prete disse a mia madre che non potevo essere ammessa alla Comunione perché non avevo seguito il corso, il nostro segreto fu miseramente scoperto e mio nonno perse l’incarico.  La spesa si faceva ogni giorno, tutto quello che serviva si comprava al bisogno, un etto di farina, mezz’etto di pastina, il latte nella bottiglia di vetro, anche le sigarette del nonno, due o tre al massimo, nella bustina piccola di carta, già allora pubblicizzata. Molto spesso la nonna mi portava a casa un boero, quelli liquorosi con la ciliegia intera dentro, ma non lo comprava, lo vinceva sistematicamente dal panettiere. Il gratta e vinci di allora. Consisteva in un espositore a piramide con tanti  bastoncini colorati. Lo trovavi dal panettiere e anche nei bar. Quando estraevi il bastoncino trovavi dietro il bigliettino con scritta la tua vincita , da un boero ad una scatola intera di cioccolatini. E spesso la nonna riusciva a vincere anche la scatola intera. La nonna era molto fortunata in quasi tutti i giochi, tutte le settimane andava a giocarsi la schedina al totocalcio.  L’anno che ha fatto un tredici siamo andati tutti al mare a Cattolica.  Il nonno e la nonna sono partiti in treno, io in macchina, Fiat 600 nuova fiammante in rodaggio, con mia mamma alla guida e la zia Stefanona al seguito. Partenza alle 3 di notte “perché fà più fresco”. La zia, di stazza non indifferente, si è addormentata subito dopo il casello di Melegnano ed io per tutto il viaggio ho dovuto tenerla saldamente abbracciata contro il sedile per evitare che sprofondasse su mia madre. 7 ore di viaggio a 60 all’ora  (per via del rodaggio naturalmente e perché l’autostrada, allora, era solo fino a Bologna).  Poi al mare i dieci  giorni alla Pensione Alba sono stati fantastici.   Crescendo ho continuato a scendere in giardino dopo i compiti ma non si giocava più tutti insieme, i maschi stavano un po’ in disparte tra di loro, lanciandoci di tanto in tanto delle occhiatine mentre prendevano a calci una lattina, e noi femmine avevamo i nostri primi segreti da sussurrarci all’orecchio.  A casa mia non invitavo mai nessuno per studiare insieme, il cucinino era troppo piccolo e nonna aveva sempre da fare, avanti e indietro per quelle due stanzette. Alle volte ero invitata, le mie compagne avevano la loro cameretta per studiare e l’appartamento ero grande e silenzioso ma mi ricordo che quando rientravo a casa ne ero felice e sentivo una grande sensazione di benessere.  Ormai i gradini delle scale li facevo a due per volta, e nel salire riconoscevo tutti i miei profumi e i miei rumori.     Oggi sono nonna, ho cambiato tre case dopo che mi sono sposata,  appartamenti graziosi, zone di Milano più centrali, ma non ho più ritrovato quel senso di appartenenza che ho provato da piccolina nella casa di mia nonna. Dopo otto anni, ancora non conosco il nome dell’inquilino del terzo piano e non so nemmeno che lavoro faccia, i bambini  ci sono ma non si sentono, forse vanno al parco o rimangono al doposcuola .

La casa popolare dove ho vissuto c’è sempre, al posto delle biciclette ci sono belle macchine parcheggiate davanti al marciapiede, la gente che entra ed esce è giovane, spesso non italiana, hanno messo il citofono e mi sembra che la portiera non ci sia più, ma in lontananza, nel giardinetto, vedo ancora dei bambinetti ridere e correre felici.    

 
Il circo di Alfredo Maggi
La guerra era finita da una decina di anni, ma erano ancora lontani i tempi dell’abbondanza, l’Italia stava rinascendo faticosamente, ci si accontentava di poco,  e il ricordo delle privazioni e della fame era ancora vivo. Ma per noi bambini “quel poco” , un po’ ingenuo e un po’ provinciale, ce lo saremmo ricordati per sempre.              Un paio di volte all’anno, proprio nei prati a poche decine di metri da casa mia, piantava le tende un circo. Era un piccolo circo beninteso, un circo di periferia.                 Era sempre mio nonno che mi portava, nei posti più in alto, perché costava un po’ meno, ma si vedeva bene lo stesso.               Il circo organizzava una gara tra gli spettatori. Si doveva mangiare un piatto di spaghetti con le mani legate dietro la schiena. Chi vinceva si portava a casa un salame. Alla gente non pareva vero. Già dal pomeriggio si radunava una piccola folla di gente che voleva partecipare al gioco. Ma pochi ci riuscivano perché la gara era riservata solo a sei persone e si diceva che  c’era chi si prenotava anche un anno prima. A chi protestava perché era stato escluso rispondevano che quello era uno spettacolo, non una mensa dove si poteva mangiare a sbafo.  Il circo, non aveva bestie feroci, i leoni o le tigri o animali così. Costavano troppo. Allora, una volta, si sono inventati  un numero bellissimo con un ammaestratore di mucche, sì mucche, bovini. Per la verità, quando sono entrate, sembravano piuttosto perplesse, ma lui, Pedrito, così si chiamava, cominciò a farle trotterellare tutto intorno all’arena una dietro l’altra facendo roteare la frusta come un vero domatore professionista. Senonchè, ad un certo punto le mucche, forse perché non ancora ben impratichite di questo nuovo lavoro o forse perché sindacalmente stizzite dall’essere state demansionate e rimosse dalla loro attività di sempre, cioè fare il latte, si sono ribellate apertamente. Prima si sono bloccate guardandosi intorno circospette. Poi si sono messe a correre disordinatamente muggendo in modo inquietante e cercando addirittura di saltare la staccionata per buttarsi sul pubblico. Fuga generale dalle prime file, con i bambini che ridevano come pazzi e che non volevano uscire mentre venivano trascinati fuori dalle loro madri urlanti. I pagliacci tentarono un intervento disperato cercando senza successo di pararsi davanti alle mucche per fermarle ma scappando poi subito a  gambe levate verso la staccionata. Pedrito, incurante del pericolo, era immobile in mezzo all’arena, con le braccia alzate, guardava verso il cielo come ispirato e gridava “hop hop hop” come se non stesse succedendo niente, come se le sue mucche stessero ancora girando placidamente intorno a lui.           Io, al sicuro nelle file più in alto, ero paonazzo dalle risate e mi aggrappavo al seggiolino, avrei voluto che non finisse mai, ma l’altoparlante salutò entusiasticamente il pubblico e annunciò che lo spettacolo era finito lì.                                 Quando, sei mesi dopo, il circo è tornato, mio nonno mi ha chiesto se volevo andare. Io gli ho domandato se c’erano le mucche. Mi ha risposto che non c’erano più. Il numero l’avevano cancellato a causa di quello che era successo.
Allora gli dissi : “Non andiamo nonno, senza le mucche il circo non è un vero circo”.