domenica 27 aprile 2014

Perchè non parli, ovvero....storie di ordinaria pittura.

Rivolgere ai miei lavori la richiesta di parlare è sicuramente inadeguata ma un accorato invito a partecipare e assecondare i miei sforzi con un risultato modesto ma decoroso è il minimo che io posso pretendere da una tela dopo tanta mia dedizione. Dipingere è faticoso. Soprattutto a Milano, in quei mesti pomeriggi senza luce dove da un momento all’altro ti aspetti un attacco di pioggia a catinelle, resistere alla tentazione di un’avvolgente dormita sul divano con la tua copertina di Linus per sederti davanti al tuo cavalletto è una scelta quantomeno stoica. E sono proprio questi i momenti in cui vorresti che dalla tua pennellata un po’ svogliata nascesse per incanto un effetto spettacolare , quel tocco che trasforma e accende il tuo lavoro e lo rende speciale. Ma a me non succede. Come non succede alla stragrande maggioranza dei pittori. Gli effetti spettacolari vanno conquistati, non estratti a sorte. Bisogna quindi imparare a organizzare le proprie risorse. Il raggiungimento di un risultato, credo in tutti i campi, è soltanto frutto di tanto e tanto esercizio nel quale abbiamo collezionato errori che alla lunga dovrebbero aiutarci a migliorare. Nei momenti in cui non possediamo tutta questa pazienza forse dovremmo convincerci a fare altro. Il nostro amore per la pittura non deve essere vincolato al “fai da te”. Una passeggiata sino ad una Galleria d’arte o a un museo ci regala la possibilità di appagarci con opere, prima di tutto già fatte dalla fatica di altri e inoltre già fatte …tanto bene …da poterci offrire la soluzione di tanti nostri dubbi e incertezze. E’ piacevole vedere un DVD di pittura o anche semplicemente un documentario sulla natura dove puoi ritrovare colori e paesaggi incredibili. Forse prima ancora della padronanza della tecnica pittorica dovremmo imparare a guardare quello che ci circonda in una luce pittorica. La mia insegnante di pittura sostiene che l’oggetto che scegliamo da ritrarre è del tutto secondario, è semplicemente il pretesto per iniziare il lavoro. Poi la pittura deve essere in grado di superarlo. Credo abbia ragione. La difficoltà più grande, per me che amo i colori e la natura che mi circonda, è abituarmi a partire da un particolare, da una “porzione” di paesaggio e riuscire a far nascere da quella piccola briciola di “mondo” la sensazione che l’insieme mi ha inspirato. Io vorrei riprodurre il tutto nel suo insieme, perché è il tutto che mi colpisce ed affascina, ma questa non è una scelta pittorica. Qualche mio amico mi chiede cosa di mio voglio comunicare con la pittura. Io non voglio comunicare con la pittura le mie paure, le mie angosce o le mie aspettative disattese. Per me è più semplice descrivere con le parole questi miei stati d’animo. Attraverso la pittura vorrei invece semplicemente condividere la vibrazione dei colori e delle luci e degli spettacoli che percepisco nella natura che mi circonda. Vorrei essere capace di ispirare con un mio quadro il ricordo di un’ emozione e di uno stato d’animo che anche altri hanno provato come me in certe situazioni. Ad esempio la profondità del silenzio con cui, in una giornata al mare, abbiamo fissato lontano l’orizzonte nel momento in cui il sole tramontava e tingeva di rosso il mare e lì siamo rimasti immobili e senza parole sino a quando l’ultimo raggio non è scomparso. Oppure quando in campagna abbiamo chiuso l’ombrello e abbiamo respirato l’odore dell’erba bagnata, e insieme all’odore resta impresso nella nostra memoria il colore vivo delle foglie bagnate e il riflesso lucente delle gocce d’acqua sui petali dei fiori. O quando in ferie, dopo chilometri di macchina, siamo arrivati alle due del pomeriggio in un paesino assolato, nessuno nelle strade, e solo il fruscio dei rampicanti e il gioco d’ombra delle foglie riflesse sui muri bollenti. Luci e ombre potenti, violente, calore e brezza sulla pelle, e profumi di fieno in lontananza. O un mazzo di fiori ricevuto, il profumo dolce e il colore impalpabile dei petali e il lento movimento che li fa schiudere del tutto e poi sfiorire. O un nudo di donna che riporti alla memoria una prima carezza rubata e il turbamento delle pelle sotto il vestito e il profumo dei capelli tra le mani. Può un quadro riaccendere in te un’emozione tridimensionale, può fondere la percezione del colore e dell’odore e del tuo batticuore. Guardando il quadro che un altro ha dipinto, possiamo far riaffiorare in noi le nostre intime emozioni e il ricordo di un sentimento lontano che comunque abbiamo provato e che possiamo riconoscere? Quindi dipingere può significare condividere, come su Facebook. E dunque, quello che ti permetto di condividere è l’insieme delle mie emozioni, la mia visione del tutto particolare del mondo e lo stile del tutto particolare con cui ho scelto di esprimerlo. Decisamente non è poco.

Nessun commento:

Posta un commento

Lascia il tuo commento qui. Grazie